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Beta

Con il nome Beta s'identifica una gamma di vetture (berlina, berlina Trevi, coupé, HPE, Spider e Montecarlo) prodotte dalla Lancia tra il 1972 ed il 1984.
La Beta (codice progettuale iniziale "Y1") fu la prima autovettura totalmente nuova presentata dalla Lancia dopo l'acquisizione, avvenuta nel 1969, da parte di Fiat.
A parte i motori, i 4 cilindri in linea con distribuzione bialbero Lampredi di origine Fiat (e comuni a 124 Sport, 125 e 132), le Beta potevano contare su componenti tecnici (pianale, sospensioni, trasmissione, ecc.) creati ad hoc: il progetto fu infatti realizzato interamente dalla ancora esistente "Lancia Spa", i cui tecnici (già tecnici Lancia in epoca Pesenti, pre-1969) avevano un proprio distaccato reparto in via Caraglio a Torino (reparto poi trasformato nel 1981 in "Lancia Engineering" di Fiat Auto spa e definitivamente chiuso e annesso a quello Fiat nel 1989).
Il discorso sulla "paternità" progettuale Lancia vale per l'intera gamma Beta ad eccezione della versione Montecarlo, che derivava dai progetto X1/20 sviluppato da Pininfarina e destinato alla progettazione di una sportiva a motore centrale e trazione posteriore da vendere con marchio Fiat ed in seguito congelato e poi ripreso per la Lancia. Che la Montecarlo non sia mai transitata presso l'ufficio tecnico Lancia è dimostrato dal fatto che con le altre Beta ha in comune solo il motore Fiat.
Sebbene presentasse una meccanica piuttosto moderna, la Beta mancava di quell'originalità tecnica che aveva caratterizzato le Lancia precedenti. Anche il livello qualitativo delle finiture, benché senz'altro di buon livello, era lontano da quello di realizzazioni precedenti. Questo trovava giustificazione nella volontà della nuova proprietà di rendere profittevole la produzione della Casa di Chivasso, dopo l'esperienza della 2000, qualitativamente ineccepibile ma molto costosa da produrre.
Insomma, raffinatezza e sofisticazione, ma con un occhio alla razionalità ed al portafoglio (del produttore, perché i prezzi di listino iniziali non erano particolarmente economici).

La berlina

La prima Beta della serie a vedere la luce fu la berlina, presentata nel 1972 e caratterizzata da un'originale (ma non troppo, vista la somiglianza con la Citroën GS del 1970) e poco equilibrata linea a due volumi tipo fastback che suscitò subito roventi polemiche. Il disegno della carrozzeria (opera del figlio di Felice Mario Boano, Gianpaolo), la cui funzionalità era compromessa dall'assenza del portellone posteriore che rendeva scomodo l'accesso al bagagliaio, era lontano anni luce dai gusti dei "lancisti", mentre la meccanica, benché al passo coi tempi (trazione anteriore, sospensioni a 4 ruote indipendenti, un potente sistema a doppio circuito di freni a disco su tutte le ruote denominato Superduplex Lancia (nato in Lancia e dapprima installato su Fulvia e Flavia), cambio a 5 marce e motori bialbero montati trasversalmente), era priva dell'originalità tipicamente Lancia (anzi la Beta venne accusata d'essere una Fiat travestita) e anche il livello di finiture non veniva considerato all'altezza del marchio, seppure sempre sopra la media delle auto di quel periodo.
Se le critiche all'estetica e al livello delle finiture non erano del tutto ingiustificate, quelle alla meccanica erano ingenerose. Solo i motori (i brillanti ed elastici bialbero di origine 124 Sport) erano realmente Fiat (ma per i primi anni assemblati negli stabilimenti Lancia di Chivasso e con teste e curve di coppia differenti dalle versioni Fiat), il resto della meccanica era progettato specificamente per la "Beta" (infatti le Fiat di quel segmento, vale a dire le "124" e le "132", avevano la trazione posteriore, il motore longitudinale ed il retrotreno a ponte rigido). La Beta, invece, utilizzava oltre che la trazione anteriore, 4 sospensioni indipendenti e al retrotreno un inedito schema di sospensione McPherson che adottava due bracci oscillanti disposti a triangolo in luogo di un unico braccio (soluzione ripresa, successivamente, da Gamma, Delta, Thema e, con gli opportuni aggiornamenti, sulle più recenti K, Alfa Romeo 155, 156, 147 e GT).
La "Beta" aveva anche molti pregi: era spaziosa (grazie al passo di 254 cm) e confortevole, i motori erano elastici e brillanti, la tenuta di strada era sicura e la frenata potente. Al momento del lancio erano disponibili 3 motorizzazioni (1438 cc da 90 CV, 1592 cc da 100 CV e 1756 cc da 110 CV) e 2 allestimenti (standard e LX, quest'ultimo abbinabile alle sole versioni di 1,6 e 1,8 litri). Rispetto alle versioni base le LX avevano una dotazione più ricca (vetri atermici, cerchi in lega leggera, servosterzo) e una mascherina anteriore cromata specifica.
Nel 1974 venne introdotta, alla base della gamma, la versione 1300, spinta dallo stesso propulsore della 1400, ma con cilindrata ridotta a 1297cc (83 CV). L'allestimento di questa versione d'attacco era identico a quello della 1400, che rimaneva, comunque, in listino.
Nel 1975 la Beta venne sottoposta ad un restyling concepito in collaborazione con la Pininfarina. Le novità riguardavano sia la parte anteriore (nuova mascherina e fari coperti da una carenatura in plexiglass) che, soprattutto, la coda parzialmente ridisegnata. L'ampliamento del lunotto, infatti, implicò il ridisegno del cofano posteriore e lo spostamento delle griglie di sfogo dell'aria viziata dell'abitacolo ai margini del terzo vetro laterale (prima erano ai bordi del lunotto). Anche la fiancata, grazie all'ampliamento delle superfici vetrate, alla comparsa delle citate griglie di sfogo nere, che completavano otticamente il terzo vetro laterale, e all'applicazione di un profilo di gomma con bordi cromati, cambiava aspetto. Le altre modifiche esterne riguardavano la diversa disposizione dei gruppi ottici posteriori e l'applicazione di una fascia d'alluminio satinato alla base del cofano posteriore. All'interno, invece, cambiarono i rivestimenti dei sedili e alcuni elementi della finitura.
Dal punto di vista tecnico la modifica principale riguardò l'incremento di cilindrata della versione di maggior cilindrata da 1756 a 1995cc. La potenza cresceva da 110 a 119 CV. Anche il 1600 fu oggetto di alcuni aggiornamenti che portarono anche un lieve decremento (da 1592 a 1585cc) della cilindrata, ma la potenza rimase a 100 CV. Invariato il "1300".
Dalla gamma scomparvero anche la versione 1400 e l'allestimento LX, mentre la 1300 si distingueva dalle 1600 e 2000 per l'assenza della carenatura dei fari anteriori.
L'ultimo restyling, avvenuto nel 1979, fu più sostanzioso. Il frontale venne ridisegnato, con nuovi fari rettangolari, indicatori di direzione spostati ai lati (prima erano nei paraurti) dei gruppi ottici principali e mascherina simile a quello della Delta, presentata poco prima. La fiancata beneficiò di un profilo in gomma più spesso (sempre con bordo cromato) e di gocciolatoi allungati nella parte finale, mentre in coda tornò la disposizione dei gruppi ottici della prima serie. A completamento del lifting estetico vennero adottati nuovi paraurti (sempre in metallo con protezione perimetrale in gomma) più spessi ed avvolgenti. L'interno, completamente ridisegnato, era dominato dalla nuova plancia soprannominata "millebuchi" per via del fatto che strumenti e comandi erano alloggiati in "buchi" ricavata nel corpo principale, realizzato in un unico blocco di poliuretano. Il massiccio impiego di plastica e di tessuti meno raffinati, tuttavia, dava l'impressione di uno scadimento generale del livello di finitura. Anche la plancia, originale ma disordinata e poco funzionale, fu oggetto di molte critiche.
Dalla gamma venne, in questa occasione, eliminata la versione "1300", mentre la '"2000" vide le propria potenza scendere a 115 CV a causa di una serie di interventi al suo motore volti a ridurre i consumi e a migliorarne l'elasticità. Successivamente venne introdotta l'alimentazione a iniezione elettronica sul propulsore 2 litri (che raggiungeva così 122 CV di potenza massima).
La Beta berlina uscì di listino nel 1981.

La Coupé

Nel 1973 venne lanciata la versione coupé; della Beta. Realizzata sul pianale accorciato (nel passo) della berlina e disegnata da Piero Castagnero (già autore della "Fulvia Coupé"), questa versione piacque parecchio, sia per la linea riuscita che per le finiture migliorate rispetto alla berlina. L'interno, caratterizzato dalle 4 poltrone singole della medesima foggia e tutte dotate di poggiatesta, non aveva alcun componente comune alla berlina. La plancia, di inedito disegno, aveva centralmente un pannello di plastica colorata per dare un effetto legno. Le primissime unità hanno il colore di fondo della strumentazione e dell'orologio colorato di giallo. Curiosa la (rara) presenza su alcuni modeli prodotti fino ad un certo anno, di due leve (destra e sinistra) per l'apertura del cofano.
Al notevole successo contribuirono pure i brillanti motori bialbero (gli stessi della berlina, ma potenziati) di 1592 cc da 109 CV e 1756 cc da 119 CV.
Anteriore della versione coupé
Nel 1975, in occasione di un leggero restyling (nuova mascherina con barre orizzontali - le ultime 5 cromate le altre nere - e cofano con 2 nervature trasversali e nuova griglia di sfogo dell'aria), la gamma coupé; venne equipaggiata coi medesimi motori 1600 (1585 cc, 100 CV) e 2000 (1995 cc, 119 CV) della berlina. La crisi petrolifera infatti sconsigliava potenze e consumi eccessivi. Curiosa la (rara) presenza su alcuni modelli prodotti fino ad un certo anno, di due leve (destra e sinistra) per l'apertura del cofano.
Nel 1976 l'ultima Fulvia Coupé ancora in listino (la 1.3 3a serie), venne rimpiazzata dalla Beta Coupé; 1300, spinta dal 1297 cc da 83 CV della berlina di pari cilindrata. La 1300 si distingueva dalle altre Beta Coupé per alcuni dettagli esterni (mascherina totalmente nera, fari privi di carenatura, verniciatura in nero opaco delle cornici cromate e dell'alloggiamento dei fari) ed interni (sedile posteriore intero e privo di poggiatesta, strumentazione semplificata, dotazione di serie meno ricca).
Nel 1981 un ulteriore restyling interessò l'intera gamma Coupé. All'esterno cambiarono la mascherina anteriore (ridisegnata sullo stile di quello della Gamma Coupé II serie), i paraurti (più spessi ed avvolgenti. A quello posteriore vennero fissati anche i retronebbia) e la verniciatura di alcuni dettagli (nero opaco per tutte le cornici prima cromate). Sulla fiancata comparve anche un profilo protettivo in plastica. Le versioni di cilindrata superiore adottarono anche un alettoncino in plastica nera sul cofano bagagli. Gli interni vennero totalmente ridisegnati (tranne i sedili, la cui forma rimase invariata), ma la nuova plancia dal disegno "ordinario" e l'impiego esteso di plastica e di tessuti meno raffinati davano l'impressione di uno scadimento generale del livello di finitura.
Dal punto di vista tecnico le principali novità riguardarono il lieve incremento di cilindrata (da 1297 a 1366 cc) del motore della versione 1300 (che guadagnò 1 CV, per un totale di 84) e l'adozione dell'alimentazione a iniezione elettronica sul propulsore 2 litri (che raggiungeva così 122 CV di potenza massima).
Nel 1982 la gamma venne completata dalla "2000 Volumex", spinta da una versione (a carburatore doppio corpo) sovralimentata con compressore volumetrico Roots a lobi rotanti, del 4 cilindri di 1995 cc. La Volumex, che disponeva di 136 CV e di una maggior coppia massima (21 kgm invece di 17 della versione aspirata), era riconoscibile per la targhetta VX sulla mascherina, per un rigonfiamento sul cofano motore in corrispondenza di un gomito del collettore di aspirazione che si innestava sul compressore volumetrico, per uno spoiler nero sotto al paraurti anteriore, per il fondo scala del tachimetro che arrivava a 220 km/h invece che a 200 km/h e per gli pneumatici 185/65 R14H di serie.
La VX fu il canto del cigno della Beta Coupé, che venne tolta dai listini nell'autunno del 1984.
La Beta Coupé nel 1974 affiancò la Stratos HF e la Fulvia Rallye 1,6 HF nei rally che portarono la vittoria del Campionato del Mondo. Si trattava della versione 1.800 cc con una profonda elaborazione meccanica che prevedeva la testata Abarth della 124, una differente disposizione del motore alimentato a carburatori che erogava 190 cv, il differenziale autobloccante. La livrea è inizialmente quella rossa e bianca Marlboro per diventare l'anno successivo verde e bianca Alitalia.

La HPE

Verso la fine del 1974 vennero lanciata la Beta HPE (High Performace Estate), ossia la variante Coupé-Hatchback con portellone posteriore. Costruita sul pianale della berlina (e quindi col passo standard di 254cm), la HPE aveva la parte anteriore (fino alla portiera compresa) e gli interni (tranne il sedile posteriore) della Beta Coupé. La coda era, invece, specifica, così come il sedile posteriore ribaltabile in maniera frazionata (in percentuale 50/50).
Nata da uno studio della Pininfarina ed equipaggiata coi motori di 1,6 e 1,8 litri della coupé; (vale a dire con potenze di 109 e 119 CV), la HPE coniugava sportività e praticità.
Ebbe un buon successo.
La carriera della HPE seguì le stesse tappe evolutive della coupé, con cui condivise anche tutti i motori, ad eccezione del "1300" che non venne mai installato su questa versione. Uscì di listino nel 1984.
L'evoluzione della HPE:
o 1974: presentazione
o 1975: restyling della parte anteriore (come Coupé), motori "1600" da 100 CV e "2000" da 119 CV.
o 1981: restyling come Coupé, trasformazione del nome in HP Executive, alimentazione a iniezione elettronica per la 2 litri (122 CV).
o 1982: lancio della versione Volumex da 136 CV. Caratterizzazione estetica come Coupé oltre ad uno spoiler posteriore - alla base del lunotto - in gomma spugnosa.
o 1984 (autunno): uscita di listino.

La Spider

La Spider, anch'essa nata nel 1974 da uno studio della Pininfarina, era in realtà una "Targa", ossia semi aperta con tettino rigido asportabile, capote ripiegabile posteriore e un robusto roll bar centrale con funzione strutturale, secondo la moda dell'epoca, dettata anche da esigenze di maggiore sicurezza e rigidità strutturale (la medesima tecnica costruttiva era impiegata dalle BMW Serie 3 Topcabriolet, allestite, con un ciclo produttivo simile, dalla Baur).
La Beta Spider non era costruita direttamente dalla Lancia. Le normali scocche della Beta Coupé, inviate alla Zagato che provvedeva a tagliarle, modificarle ed allestirle, rientravano poi in Lancia per il montaggio degli organi meccanici (gli stessi delle coupe' di serie) e la commercializzazione finale. Unica traccia di tale pellegrinaggio è la lettera "Z" di Zagato che si trova sul fondo del tappeto bagagliaio. Tale vettura, anche a causa del costo elevato non ebbe, invece, lo stesso consenso delle altre Beta sportive, e fu prodotta fino al 1982. I primi esemplari non hanno la traversa sopra le portiere, che venne successivamente aggiunta per aumentare la rigidità torsionale della scocca.
L'evoluzione della Spider segui strettamente quella della Coupé, salvo quello che riguarda alcuni componenti specifici, come i gruppi ottici posteriori (con disposizione leggermente modificata nel corso del restyling del 1975), il paraurti posteriore (che nel 1977, con la comparsa delle targhe rettangolari al posto di quelle quadrate, perse la scanalatura centrale prima necessaria). Anche il cofano bagagli ed il sedile posteriore erano specifici per questa versione, ma non subirono variazioni nel corso degli anni Altre differenze con la coupé sono i parafanghi anteriori (lievemente più lunghi) e posteriori, la console centrale della prima e seconda serie con 4 interruttori anziché i 5 della coupé (per l'assenza del lunotto), la scatola attrezzi uguale a quella della Fulvia etc..
La Spider adottò gli stessi motori della Coupé, ad eccezione del 1300 e del 2000 Volumex.
Ultimamente sul mercato collezionistico sono apparsi alcuni modelli 2000 volumex, ma si ritiene siano dei tuning aftermarket, in quanto non vi e' traccia di spider 2000 volumex nei dati ufficiali di produzione.

La Montecarlo

Nel 1975, su design Pininfarina, venne lanciata la Beta Montecarlo, una berlinetta con motore centrale, facilmente "preparabile" per le gare (e infatti ebbe un'intensa e vittoriosa carriera sportiva, sia in pista come "Beta Montecarlo Turbo Silhouette", sia nei rally come "Rally 037").
Con le altre Beta, la Montecarlo, disponibile sia con carrozzeria chiusa (chiamata "coupé") che con tetto in tela ripiegabile (definita "spider"), condivideva unicamente il motore: un 4 cilindri bialbero di 1995 cc da 120 CV.
In effetti la Montecarlo derivava da una collaborazione tra Fiat e Pininfarina, volta alla realizzazione di una vettura sportiva da cui derivare facilmente, attraverso il reparto sportivo Abarth, vetture da gara. I primi prototipi vennero presentati nel 1970 col nome di Fiat X1/8, mentre quello, praticamente definitivo, arrivò nel 1974 con la sigla X1/20.
Nel 1974 vennero iscritte al Giro Automobilistico d'Italia due Abarth SE030, ovvero due X1/20 con motore V6 da 285 CV d'origine Fiat 130 e alcune modifiche aerodinamiche.
Una Beta Montecarlo Turbo sul circuito del Mugello nel 1980
L'intento era quello di mostrare la vocazione sportiva del modello, il cui debutto era previsto proprio al Salone dell'Automobile di Ginevra del 1974.
Una serie di ripensamenti, non ultimo quello di far gareggiare una futura versione preparata della nuova berlina 131 (soluzione che avrebbe garantito un ritorno d'immagine più diretto), portarono al congelamento del progetto, che venne ripreso l'anno successivo, quando, sempre al Salone di Ginevra, la X1/20 debuttò con marchio Lancia e denominazione Beta Montecarlo.
Le differenze col resto della gamma Beta erano notevoli: la trazione era posteriore, il motore centrale (montato davanti alle ruote posteriori), le sospensioni a ruote indipendenti (MacPherson davanti a bracci oscillanti triangolari dietro).
Data la crisi petrolifera in atto al momento del lancio, nonostante le potenzialità del telaio, venne montato lo stesso 4 cilindri 2 litri da 119 CV delle altre Beta.
Il 6 maggio 1979, alla 6 Ore di Silverstone la Montecarlo fece il suo debutto nel Campionato Internazionale Silhouette (Gruppo 5). Forte di un'aerodinamica esasperata, di un peso di soli 750 kg (300 in meno della versione di serie) e di un propulsore di 1425 cc turbo da 370 CV, sfidò le dominatrici Porsche 935 e Ford Capri Zakspeed, vincendo qualche gara. L'anno successivo, con motore potenziato a 400 CV e piloti del calibro di Eddie Cheever, Riccardo Patrese, Walter Röhrl e Michele Alboreto al volante, s'aggiudicò il Campionato Internazionale Marche Gruppo 5, titolo riconfermato anche nel 1981.
Nel 1979 comparve anche la seconda generazione del modello di serie. Le modifiche principali riguardavano le 2 pinne posteriori (sulle quali comparvero 2 vetri per migliorare la visibilità in manovra), la mascherina anteriore (ridisegnata secondo gli stilemi Lancia del momento), i cerchi maggiorati e alcuni dettagli degli interni (rivestimenti e dotazioni). Il motore guadagnò 1 CV (per un totale di 120 CV), mentre la denominazione divenne semplicemente Montecarlo (senza più Beta).
La Montecarlo uscì di listino nel 1982, lasciando uno splendido ricordo: generò la mitica Lancia Rally 037 lanciata proprio quell'anno.

La Beta Trevi

Nel 1980 venne introdotta una stilisticamente poco riuscita variante a tre volumi della berlina, denominata Beta Trevi, che riprendeva interni e motori della versione a 2 volumi.
Lanciata per assecondare il riaffermarsi di carrozzerie più tradizionale per le vetture di classe media e superiore, la Trevi aveva il suo limite principale proprio nella derivazione dalla Beta. La volontà di contenere i costi, che impose la conservazione della carrozzeria della versione a 2 volumi fino alla portiera posteriore inclusa. Questo obbligò gli stilisti a disegnare un montante posteriore molto massiccio e poco inclinato ed una coda piuttosto squadrata.
Anche gli interni rimasero quelli della Beta Fastback ultima serie.
Disponibile, inizialmente, nelle versioni 1600 (1585 cc, 100 CV), 2000 (1995 cc, 115 CV) e 2000 i.e. (1995 cc, 122 CV), la Trevi s'arricchì, all'inizio del 1982, della versione. sovralimentata con compressore volumetrico 2000 Volumex (1995 cc, 136 CV). Quest'ultima versione era riconoscibile per i cerchi in lega leggera, lo spoiler nero sotto al paraurti anteriore e le plastiche degli indicatori di direzione anteriori bianche.
sul finire dell'anno la "Beta Trevi", marginalmente ristilizzata (eliminazione della fascia satinata sul bordo del cofano bagagli, spoiler anteriore e trasparenti bianchi per le frecce su tutte le versioni, griglie laterali sui montanti posteriori verticali anziché orizzontali, nuovi rivestimenti interni), perse il nome "Beta" per chiamarsi semplicemente Lancia "Trevi". Dalla gamma venne eliminata la versione 2000 a carburatori.
Nel 1984 la Trevi venne tolta di listino, dopo una carriera caratterizzata da un modesto successo commerciale.

Lancia Beta oggi

La produzione dei vari modelli Beta risulta suddivisa in:

- Beta berlina: 194.916
- Beta Coupé: 113.623, di cui 1272 Volumex
- Beta HPE: 71.257, di cui 2369 Volumex
- Beta Montecarlo: 7.595
- Beta Spider: 8.594
- Beta Trevi: 40.628

La linea non equilibratissima della berlina e, comunque, lontana dal tipico Lancia Style, le finiture non eccelse e la nomea d'essere una Fiat travestita da Lancia (cosa vera solo parzialmente, in quanto la "Beta" è stata concepita in Lancia seppure con motori di derivazione Fiat e finiture non all'altezza delle antenate Lancia) non giovano neanche oggi alle quotazioni della berlina (che s'aggirano attorno ai 1.000 €). Più apprezzate, oggi come allora, le Coupé e le HPE, che hanno quotazioni comprese fra i 1.500 (terza serie) ed i 2.500 € (per la rara prima serie). Un caso a parte sono le "Volumex", che hanno quotazioni in salita (4.000 €), e le "Spider" che valgono sui 5.000 €. Abbastanza richieste le "Montecarlo", che spuntano prezzi compresi tra i 7 e gli 8 mila €, dimenticate, invece, le "Trevi" (750 € per le 1600 e 2000 i.e., 1.500 € per le "Volumex") In ogni caso in Italia gli scambi sono bassi e la Beta gode di migliore considerazione all'estero, dove in effetti ottenne un buon successo commerciale (Germania, Francia, altri del Nord Europa, così come negli USA, Australia e Canada, dove fu la Lancia più venduta di sempre).
La Famiglia Beta è comunque un'auto in genere consigliata come acquisto per chi vuole godersi un pezzo di storia della Lancia e delle automobili anni settanta, dà ottime soddisfazioni di guida in particolare nelle versioni coupé e Montecarlo, quest'ultima, oltretutto, ha un'impostazione molto sportiva, con motore centrale e trazione posteriore. Mentre la coupé è tra le trazioni anteriori dell'epoca una delle più piacevoli e sportive alla guida, volutamente molto reattiva nei trasferimenti che la fanno preferire a percorsi misti e tortuosi al contrario della HPE, più stabile e pur piacevole alla guida, che invece predilige percorsi di più ampio raggio. Per tutte le versioni non ci sono problemi nella reperibilità dei ricambi per meccanici (e comunque tutte le "Beta" sono molto affidabili), mentre alcune parti della carrozzeria (poco protetta dalla ruggine) e degli interni (non tutte di qualità eccelsa e, quindi, soggette all'usura del tempo) sono quasi introvabili.
Molta attenzione va fatta ad esemplari pasticciati e/o modificati con particolari di serie diverse. Spesso si tratta dei prime o seconde serie ricostruite e/o restaurate con particolari di serie successive. La cosa puo' non disturbare i non puristi, ma e' bene tenerne comunque conto, in quanto la cosa puo' influire sul valore dell'esemplare.
In particolare si ricorda che non tutte le Spider I serie (prodotte unicamente con motore 1600 e 1800), nate prive della traversa superiore alla portiera, hanno conservato tale peculiare caratteristica, in quanto per ovviare all'eccessiva flessibilita' della vetture, in occasione dell'uscita della seconda serie, queste traverse venivano spesso aggiunte, modificando anche il vetro del finestrino ed il tettuccio rigido. In tal caso controllare che tale modifica sia stata effettuata originalmente in lancia.
In ogni caso le beta sportive (coupe', spider e HPE) sono vetture facili e convenienti da restaurare.

Fonte: Wikipedia